La Corte di Cassazione torna sulla questione della residenza fiscale invocando normative europee, nonostante non vi sia alcuna armonizzazione in tal senso.
Che la mera iscrizione all’A.I.R.E. sia elemento di fatto inutile al fine di invocare la propria residenza fiscale all’estero è elemento ormai noto e assodato.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione torna sull’argomento aggiungendo spunti interessanti per l’individuazione del luogo dove una persona possa essere correttamente interpellata dal fisco locale, al netto di accordi particolari o normative che creano eccezioni.
La Corte di Cassazione, infatti, con l’ordinanza nr. 18702 depositata il primo giorno di luglio 2021, ha approfondito la situazione di un cittadino italiano iscritto all’A.I.R.E., che invocava la propria residenza fiscale nel Principato di Monaco e che, per tale motivo, sosteneva la correttezza della propria posizione fiscale nel momento in cui non aveva dichiarato in Italia i propri redditi.
La Corte di Cassazione, dopo aver ribadito l’inesistenza di un obbligo di contraddittorio antecedente all’emissione di un avviso di accertamento, come invece sostenuto dal ricorrente, ha vagliato il motivo di doglianza dello stesso inerente la necessità di rinnovare un giudizio di bilanciamento.
In altre parole, il ricorrente sosteneva la necessità di valutare la preminenza degli indizi di residenza all’estero rispetto a quelli che portavano in Italia.
Nel merito, la soluzione suggerita dal ricorrente versava nella vecchia direttiva CEE n. 83/182 dedicata al pagamento di particolari franchigie inerenti i mezzi di trasporto.
Il fatto che la fiscalità non sia ancora oggi materia armonizzata in ambito UE non ha impedito alla Corte di Cassazione di assecondare le affermazioni del contribuente e riconoscere che in ambito di individuazione della residenza fiscale sia necessario rifarsi a normative transnazionali.
La valutazione preliminare e generica che secondo la Corte di Cassazione è necessario fare deriva però anche dal richiamo al regolamento UE 848/2015 ed al criterio del “COMI” ovvero del center of main interest dedicato alle procedure di insolvenza.
A tal proposito è stato infatti stabilito che il luogo che definisce l’autorità giudiziaria competente ad avviare la procedura è quella del luogo dove il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.
Questo ragionamento è bastato per definire che nel caso concreto il luogo center of main interest del ricorrente fosse l’Italia, poiché lì vi era la gestione degli interessi connotata da abitualità e riconoscibilità da parte dei terzi.
Avv. Sara Botti